La popolazione transgender ha difficoltà ad accedere ai servizi sanitari. L'Iss: "Il 46% si sente discriminato. Tasso di depressione fino a 10 volte più alto"
I dati riportano un basso livello di prevenzione nella popolazione transgender: soltanto il 20% delle persone assegnate femmina alla nascita esegue il pap-test. La mancanza di conoscenza sulla salute di questa fascia da parte del medico e l’utilizzo di una terminologia inappropriata sono le criticità più frequentemente riscontrate. Pierdominici: "Urgente costruire una formazione specifica del personale in ambito sanitario"
TRENTO. Difficoltà ad accedere ai servizi sanitari, pochi screening oncologici e un tasso di depressione fino a dieci volte più alto, oltre che stili di vita poco salutari per la popolazione transgender. Non solo, il 46% di loro si sente discriminato per la sua identità di genere. Questi sono solo alcuni dei preoccupanti dati emersi dallo "Studio sullo stato di salute della popolazione transgender adulta in Italia" condotto dall’Isitituto Superiore di Sanità in collaborazione con centri clinici distribuiti su tutto il territorio nazionale e associazioni/collettivi transgender.
Alcuni dei risultati di questo studio sono stati presentati all’Istituto Superiore di Sanità, nel corso del convegno "Stato dell’arte e prospettive future nella promozione del benessere e della salute delle persone transgender" organizzato con l’Ufficio Nazionale Anti Discriminazioni Razziali (Unar) - Presidenza del Consiglio dei Ministri.
"Per l’Unar la salute e il benessere delle persone transgender sono temi prioritari su cui stiamo lavorando da tempo - afferma il direttore Triantafillos Loukarelis - sia in termini di Strategia nazionale Lgbt che in termini di progettualità per politiche che includono anche gli aspetti di inserimento lavorativo. Tale sforzo sarà confermato e rafforzato nella nuova progettualità dei fondi europei concordati con l’Ue fino al 2027".
Lo studio sottolinea non solo l’importanza di un’azione sanitaria specifica su questa fascia di popolazione, ma vuole far emergere soprattutto la difficoltà di accedere ai servizi sanitari, in particolare agli screening oncologici, con la percentuale di chi si sente discriminato che arriva al 46%. Soltanto il 20% delle persone transgender assegnate femmina alla nascita esegue il pap-test, mentre soffre di depressione circa il 40% delle persone transgender e il 60% dei casi del campione analizzato dichiara di non fare attività fisica.
"Questi numeri mostrano quanto sia urgente costruire una formazione specifica del personale che lavora in ambito sanitario - dichiara anche Marina Pierdominici dell’Iss, responsabile scientifico dello studio sullo stato di salute della popolazione transgender - il corretto accesso ai servizi sanitari in questa fascia di popolazione è il motore della prevenzione e il suo funzionamento riguarda sia la sensibilizzazione della popolazione transgender rispetto all’importanza della tutela della salute sia la competenza del personale sanitario coinvolto nell’azione di prevenzione".
Sono diverse le criticità più frequentemente riscontrate dagli e dalle utenti nell’interazione con il medico, a partire dalla mancanza di conoscenza sulla salute transgender e l’utilizzo di una terminologia inappropriata.
"L’analisi delle risposte al questionario rivela uno spiccato interesse da parte del medico di medicina generale nei confronti della tematica identità di genere e salute - sostiene la Società italiana di medicina generale e delle cure primarie - la medicina moderna e del futuro dovrebbe aprirsi sempre più alla comprensione di questi aspetti legati all’identità delle persone assistite in quanto rappresenta un elemento di particolare sensibilità che caratterizza ulteriormente il medico di medicina generale facendolo diventare anche il medico della persona".
Una survey tuttora in corso mostra, dai dati preliminari, come gli stessi medici sottolineino la necessità di una formazione specifica sugli aspetti di salute legati all’identità di genere che non è attualmente parte del curriculum di studi universitario. Proprio a questo proposito, entro il 2023, saranno disponibili sulla piattaforma dell’Iss corsi di formazione specifici rivolti al personale medico e sanitario ai fini rendere efficaci le azioni di salute pubblica anche rispetto a questa fascia di popolazione.
LO STUDIO
La ricerca condotta dall’Iss è divisa in quattro sezioni: dati socio-anagrafici (età, cittadinanza, residenza, titolo di studio, condizione lavorativa, reddito, sesso registrato alla nascita, identità di genere), stili di vita (attività fisica, dieta, fumo di sigaretta, consumo di alcol, uso di droghe), stato di salute (accesso ai servizi sanitari e loro utilizzo, prevenzione, malattie, cure mediche e chirurgiche), identità di genere e salute (supporto psicologico, trattamento ormonale e/o chirurgico di affermazione di genere). I risultati saranno oggetto a breve di pubblicazione.
Stili di vita
Secondo i dati Istat i risultati hanno evidenziato che è maggiore la percentuale di persone transgender che non fa attività fisica rispetto alla popolazione generale. Il 64% delle persone transgender Amab (donne transgender e persone non binarie assegnate maschio alla nascita) e il 58% delle persone transgender Afab (uomini transgender e persone non binarie assegnate femmina alla nascita) non fanno attività fisica rispetto al 33% e al 42% degli uomini e delle donne nella popolazione generale.
Relativamente al fumo di sigaretta la popolazione più a rischio è rappresentata dalle persone transgender Afab che riferiscono di fumare nel 37% dei casi verso il 25% degli uomini e il 19% delle donne che fumano nella popolazione generale. Il binge drinking (consumo eccessivo di alcol in una singola occasione) è più frequente nella popolazione transgender: 23% Amab e 17% Afab nella popolazione transgender contro 12.5% uomini e 5.5% donne nella popolazione generale (sorveglianza Passi 2017-2020, ISS).
Le differenze riscontrate tra la popolazione transgender e quella generale per quanto riguarda gli stili di vita sono correlabili a molteplici fattori tra i quali minority stress, episodi transfobici e transfobia interiorizzata giocano un ruolo cruciale.
Accesso ai servizi
Per quanto riguarda l’accesso ai servizi sanitari il 34% delle persone transgender Amab e il 46% delle persone transgender Afab si è sentita discriminata in ragione della sua identità e/o espressione di genere nell'accesso o utilizzo dei servizi sanitari. Questo dato, almeno in parte, può spiegare la bassa percentuale di persone transgender che si sottopone agli screening oncologici: per esempio il pap test a scopo preventivo viene eseguito soltanto dal 20% delle persone transgender assegnate femmina alla nascita contro il 79% delle donne nella popolazione generale (sorveglianza Passi 2017-2020, Iss).
Stato di salute
I dati relativi alla presenza di eventuali malattie sono ancora in fase di analisi ma risultati preliminari indicano significative differenze tra la popolazione transgender e quella generale, un esempio è dato dalla depressione riferita dal 40% delle persone transgender Amab e dal 34.5 % delle persone transgender Afab (dato che raggiunge il 60% nella popolazione transgender non binaria sia Amab che Afab) contro il 4.74% e il 7.7 % riportate rispettivamente negli uomini e nelle donne nella popolazione generale (sorveglianza Passi 2017-2020, Iss).
Per quanto riguarda l’infezione da Hiv si delinea un quadro in linea con i dati internazionali che indicano una prevalenza più alta, in particolare nelle persone transgender Amab, rispetto alla prevalenza stimata nella popolazione generale (percentuale riferita dalle persone transgender Amab 6.45% contro 0.3% negli uomini e 0.2% nelle donne nella popolazione generale).